Domiciliari e controlli: e se il citofono non funziona? – Cass. pen. 22085/21
Quando un soggetto è sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari subisce dei controlli da parte della polizia giudiziaria.
Nell’occasione di uno di questi, la polizia giudiziaria non trovava in casa l’arrestato. Da qui un ulteriore procedimento penale per il grave reato di evasione.
A nulla è valsa la difesa con cui si è obiettato che gli operatori di polizia giudiziaria, all’atto del controllo, si erano limitati a suonare al citofono senza ripetere nel corso della giornata la verifica e senza accertarsi del funzionamento dello stesso. Tale motivo è sostenuto dalla difesa unitamente al fatto che l’arrestato sarebbe stato affetto da gravi patologie che ne limitano gravemente la deambulazione e che lo costringono all’assunzione di farmaci, i quali avrebbero ben potuto creare uno stato di sonnolenza tale da impedirgli di sentire il citofono.
Sebbene il procuratore generale presso la corte di cassazione ha chiesto di accogliere il ricorso, il collegio giudicante è stato di diverso avviso.
Rileva infatti che il soggetto sottoposto agli arresti domiciliari ha l’onere di porsi in condizioni di consentire il proprio controllo, anche mediante la verifica dell’efficienza dei semplici strumenti (campanello e/o citofono) tipicamente in uso in qualsiasi abitazione. Perciò, nel caso in cui gli addetti facciano un accesso per il controllo procedendo, come di norma, ad utilizzare tali dispositivi scatta, se del caso, l’onere del soggetto posto agli arresti che non abbia dato risposta a ripetute chiamate di dimostrare che ricorre una situazione di caso fortuito che gli ha impedito di rispondere.
Nel caso di specie, quindi, una volta che la polizia giudiziaria ha attestato di avere proceduto con le corrette modalità, utilizzando il citofono, era onere dell’arrestato dimostrare il mancato funzionamento del dispositivo o le altre peculiari condizioni che gli avevano impedito di rispondere.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 gennaio – 4 giugno 2021, n. 22085 – Presidente Mogini – Relatore Di Stefano
Motivi della decisione
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’Appello di L’Aquila ha confermato la condanna di D.P. per il reato di evasione in quanto, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, non era reperito dalla polizia giudiziaria che procedeva ad un controllo.
Il difensore ha proposto ricorso nell’interesse del D. deducendo con unico motivo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), c) ed e).
Ad avviso del ricorrente, la Corte di Appello avrebbe disatteso la regola di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio poiché il compendio probatorio su cui si è fondato il giudizio di colpevolezza sarebbe il frutto di una sommatoria di indizi che non rispettano affatto i criteri dell’art. 192 c.p.p., comma 2.
È infatti emerso che gli operatori di p.g. all’atto del controllo si sono limitati a suonare al citofono senza ripetere nel corso della giornata la verifica e senza accertarsi del funzionamento dello stesso.
A ciò si aggiunge che il D. è affetto da gravi patologie che ne limitano gravemente la deambulazione e che lo costringono all’assunzione di farmaci, i quali avrebbero ben potuto creare uno stato di sonnolenza tale da impedirgli di sentire il citofono.
Il procuratore generale con proprio requisitoria scritta ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il soggetto sottoposto agli arresti domiciliari ha certamente l’onere di porsi in condizioni di consentire il proprio controllo, anche mediante la verifica dell’efficienza dei semplici strumenti (campanello e/o citofono) tipicamente in uso in qualsiasi abitazione. Perciò, nel caso in cui gli addetti facciano un accesso per il controllo procedendo, come di norma, ad utilizzare tali dispositivi scatta, se del caso, l’onere del soggetto posto agli arresti che non abbia dato risposta a ripetute chiamate di dimostrare che ricorre una situazione di caso fortuito che gli ha impedito di rispondere.
Nel caso di specie, quindi, una volta che la polizia giudiziaria ha attestato di avere proceduto con le corrette modalità, utilizzando il citofono, era onere del D. dimostrare il mancato funzionamento del dispositivo o le altre peculiari condizioni che gli avevano impedito di rispondere.
Valutate le ragioni della inammissibilità, la sanzione pecuniaria va determinata nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
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