Il reato di pascolo abusivo (art. 636 c.p.) può essere consumato non solo con l’introduzione diretta degli animali nei fondi vicini, ma anche, con il loro abbandono in libertà e senza custodia, nella consapevolezza che essi vi si introdurranno guidati dall’istinto, essendo in tal caso configurabile l’elemento psicologico del reato nella forma del dolo eventuale.
Cass. pen., sez. II, ud. 17 settembre 2021 (dep. 13 ottobre 2021), n. 37093 – Presidente Di Paola – Relatore Agostinacchio
Fatto e diritto
1. Con sentenza in data 18/05/2020 il Tribunale di Vallo della Lucania confermava la sentenza del Giudice di Pace di quella stessa città emessa il 09/10/2017 con la quale P.A. era stato condannato alla pena di giustizia perché ritenuto responsabile del reato di pascolo abusivo ex art. 636 c.p. nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza di appello il difensore di fiducia dell’imputato, articolando tre motivi di impugnazione con i quali ha eccepito la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento:
all’accertamento del dolo specifico – non risultando provata la consapevolezza dell’introduzione abusiva degli animali nel fondo altrui; all’erronea valutazione delle prove dichiarative acquisite in dibattimento; alla quantificazione del danno in assenza di criteri per determinarlo.
3. Il ricorso è inammissibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito, dovendosi considerare gli stessi non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso.
4. La corte territoriale ha correttamente applicato alla fattispecie in esame il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione secondo cui – a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente (primo e secondo motivo) – il delitto di cui all’art. 636 c.p. può essere consumato non solo con l’introduzione diretta degli animali nei fondi vicini, ma anche, come nel caso di specie, con il loro abbandono in libertà e senza custodia, nella consapevolezza che essi vi si introdurranno guidati dall’istinto, essendo in tal caso configurabile l’elemento psicologico del reato nella forma del dolo eventuale (Cass. sez. 2, sent. n. 52200 del 14/10/2016 – dep. 07/12/2016 – Rv. 268645).
5. La contestazione sull’entità del risarcimento liquidato alla parte civile è del tutto generica, avendo il giudice di pace tenuto conto in via equitativa del pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale subito dal proprietario del fondo.
6. Alla dichiarazione d’inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa della Ammende. Sentenza a motivazione semplificata.
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