Una donna è stata dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio dal Tribunale per i minorenni, adito dalla Procura.
A seguito del trasferimento del minorenne, insieme alla madre, presso la casa della nonna materna erano sorte problematiche; in particolare, il minore aveva attraversato un periodo difficile caratterizzato da scarsa frequentazione scolastica, comportamenti inappropriati ed oppositivi e incapacità di adattamento alle regole.
In un primo momento il Tribunale aveva affidato il minore ai Servizi sociali a causa della incapacità educativa materna (affetta da psicosi con ritardo mentale), inadeguatezza della nonna materna e disinteresse del padre. Successivamente, era emersa l’inefficacia della misura adottata ed era stata valutata la possibilità di dichiarare decaduti i genitori: si verificava altresì che la madre non provvedeva ad assumere i farmaci necessari per le patologie di cui soffriva e non era in grado di contrastare i comportamenti disfunzionali del figlio.
Il percorso continuava con la sospensione dalla responsabilità genitoriale di entrambi i genitori e contestuale nomina del tutore provvisorio, collocamento del minore in idonea struttura comunitaria, oltre che prescritto alla madre di frequentare regolarmente il Centro di salute Mentale territorialmente competente. La valutazione diagnostica compiuta sul minore aveva fatto riscontrare una disabilità intellettiva di grado lieve, disturbo dell’attenzione, disagio emozionale reattivo ad importanti problematiche pedagogiche ed affettivo relazionale nel contesto familiare”. Veniva pertanto disposto il collocamento in comunità, che, tuttavia, non andava a buon fine per la strenua opposizione della madre e della nonna. Anche ulteriori tentativi di collocazione del minore presso la comunità non sortivano esito positivo, per l’opposizione della madre e della nonna, resesi responsabili di minacce nei confronti degli operatori.
Il tribunale adottava il provvedimento di decadenza della potestà genitoriale della madre ed il minore veniva collocato presso la comunità educativa con l’aiuto della forza pubblica.
Le ragioni della decisione della decadenza vanno ravvisate nel fatto che la madre del minorenne,
portatrice di problemi mentali per i quali avrebbe dovuto sottoporsi a trattamenti presso il CSM, neppure regolarmente praticati, aveva tenuto condotte del tutto inadempienti agli obblighi genitoriali, non curando l’adempimento degli obblighi scolastici del minore (che ha tratto, invece, vantaggi dall’inserimento in comunità, acquisendo sicurezza ed autonomia), ostacolando tale inserimento e vanificando ogni altro percorso psico-pedagogico funzionale al superamento delle condotte inappropriate del minore.
Avv. Annalisa Gasparre – foro di Vigevano
Cass. civ., sez I, 15 luglio 2021, n. 20246 – Presidente Valitutti – Relatore Tricomi
Ritenuto in fatto che:
Il Tribunale per i minorenni di Bari (di seguito TM) ha dichiarato la decadenza di L.A. dalla responsabilità genitoriale sul figlio R.F. (n. il (omissis)) ex art. 330 c.c..
Il procedimento era stato avviato in data 6/4/2016, con ricorso della Procura minorile, per problematiche sorte dopo il trasferimento del minore presso l’abitazione della nonna materna, unitamente alla madre: in particolare il minore aveva attraversato un periodo difficile caratterizzato da scarsa frequentazione scolastica, comportamenti inappropriati ed oppositivi e incapacità di adattamento alle regole.
Con provvedimento del 2016 il TM aveva affidato il minore ai Servizi sociali a causa della incapacità educativa materna (affetta da psicosi con ritardo mentale), inadeguatezza della nonna materna e disinteresse del padre. A novembre 2016 era emersa l’inefficacia della misura adottata ed era stata valutata la possibilità di dichiarare decaduti i genitori. In particolare, era stato verificato che la madre non provvedeva ad assumere i farmaci necessari per le patologie di cui soffriva e non era in grado di contrastare i comportamenti disfunzionali del figlio.
Con decreto n. 887/2017 il TM aveva sospeso entrambi i genitori dalla responsabilità genitoriale, con contestuale nomina del tutore provvisorio, e disposto il collocamento del minore in idonea struttura comunitaria, oltre che prescritto alla madre di frequentare regolarmente il Centro di salute Mentale territorialmente competente. Nel corso dell’istruttoria la valutazione diagnostica compiuta sul minore aveva fatto riscontrare una “disabilità intellettiva di grado lieve, disturbo dell’attenzione, disagio emozionale reattivo ad importanti problematiche pedagogiche ed affettivo relazionale nel contesto familiare”. In ragione di ciò veniva disposto il collocamento di F. in comunità, che, tuttavia, non andava a buon fine per la strenua opposizione della madre e della nonna. Anche ulteriori tentativi di collocazione del minore presso la comunità non sortivano esito positivo, per l’opposizione della madre e della nonna, resesi responsabili di minacce nei confronti degli operatori. Il TM aveva, quindi, adottato il provvedimento di decadenza della potestà genitoriale della madre ed il minore era stato collocato presso la comunità educativa con l’aiuto della forza pubblica. La Corte di appello di Bari, compulsata da L., con il decreto impugnato ha respinto il reclamo e confermato il provvedimento decadenziale. La madre propone ricorso per cassazione con due mezzi. Il tutore del minore è rimasto intimato.
Considerato in diritto che:
1.1. Con il primo motivo è denunciata la nullità del procedimento. Segnatamente, la ricorrente espone che con il primo provvedimento provvisorio del 27/4/2016, con il quale il minore era stato affidato alla comunità, il Tribunale non aveva nominato nè il curatore speciale, nè il tutore provvisorio; questi era stato, invece, nominato contestualmente alla dichiarazione di sospensione di entrambi i genitori dalla responsabilità genitoriale adottata con decreto del 15/2/2017 e ciò – a suo parere – integrava un vizio comportante la nullità del procedimento.
1.2. Il motivo è infondato.
1.3. Come questa Corte ha già condivisibilmente chiarito, nei giudizi riguardanti l’adozione di provvedimenti limitativi, ablativi o restitutivi della responsabilità genitoriale, riguardanti i genitori, sussiste un conflitto d’interessi del minore verso entrambi i genitori, tanto che, ove non sia stato nominato un tutore provvisorio, va disposta la nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c., (Cass. n. 5256 del 06/03/2018; Cass. n. 7196 del 13/03/2019; Cass. n. 1471 del 25/01/2021): ove a ciò non si provveda, il procedimento deve ritenersi nullo ex art. 354 c.p.c., comma 1, con rimessione della causa al primo giudice perché disponga l’integrazione del contraddittorio.
1.4. Tale principio, tuttavia, non trova applicazione nella fattispecie in esame. Nel corso del giudizio di primo grado, con il provvedimento del 15/2/2017, era stato nominato, in rappresentanza del minore, il tutore provvisorio che, nell’esercizio dei poteri conferitigli, aveva partecipato allo svolgimento della procedura – come risulta dallo stesso decreto impugnato (fol.3), ove si dà atto che il tutore nel corso del primo grado aveva rappresentato l’opportunità di procedere ad una nuova valutazione del minore da parte del NPIA (Servizio di neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza) per assicurarsi che il percorso comunitario non arrecasse pregiudizio al minore e che il Tribunale aveva dato seguito a tale richiesta, tanto che il provvedimento definitivo era stato adottato solo in seguito all’ulteriore attività istruttoria svolta proprio su impulso del tutore provvisorio. Se ne deduce che, nel procedimento conclusosi con il decreto n. 3134/2018 del 20/6/2018, oggetto del reclamo di cui si discute, il minore era rappresentato dal tutore, di conseguenza la nullità del procedimento non sussiste perché la pronuncia venne adottata a contraddittorio integro (v. Cass. n. 5256 del 6/3/2018, che richiede la nomina di un curatore, solo laddove il tutore provvisorio non sia stato nominato).
2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione di norme di legge e l’omesso esame di un fatto decisivo. La ricorrente ripropone le critiche già svolte avverso il provvedimento del Tribunale: in particolare lamenta che non sussistevano i presupposti per adottare il provvedimento di decadenza dalla responsabilità, che ritiene essere stato adottato esclusivamente in conseguenza del suo stato di salute. Si duole, inoltre, di non essere stata aiutata e supportata adeguatamente dei Servizi sociali.
2.2. Il motivo è inammissibile perché, pur formulato come violazione di legge, si traduce in una impropria richiesta di rivisitazione del merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758 del 04/04/2017). Con il ricorso per cassazione – anche se proposto con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404 del 7/12/2017; Cass. n. 19547 del 4/08/2017; Cass. n. 16056 del 02/08/2016). Nella specie, la Corte d’appello ha adeguatamente motivato circa le ragioni della decadenza, evidenziando che la madre, peraltro portatrice di problemi mentali per i quali avrebbe dovuto sottoporsi a trattamenti presso il CSM, neppure regolarmente praticati, aveva tenuto condotte del tutto inadempienti agli obblighi genitoriali, non curando l’adempimento degli obblighi scolastici del minore (che ha tratto, invece, vantaggi dall’inserimento in comunità, acquisendo sicurezza ed autonomia), ostacolando tale inserimento e vanificando ogni altro percorso psico-pedagogico funzionale al superamento delle condotte inappropriate del minore. Va aggiunto che non è indicato alcun fatto specifico di cui sia stato omesso l’esame, ma viene sollecitata una diversa valutazione dei fatti accertati o criticata la valutazione compiuta dalla Corte di appello. Inoltre – contrariamente a quanto assume la ricorrente, la Corte distrettuale ha dato conto dei numerosi tentativi di aiuta e di assistenza avviati nei suoi confronti e non andati a buon fine per il comportamento oppositivo tenuto sia da lei che dalla nonna del minore.
3. In conclusione il ricorso va rigettato, infondato il primo motivo, inammissibile il secondo. Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimato. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52. Il procedimento risulta esente dagli atti.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
Comments are closed