Un uomo è stato condannato per aver violato gli obblighi di natura economica stabiliti dal giudice civile in sede di separazione dei coniugi, omettendo di corrispondere quanto previsto per i figli; la pena è stata sospesa e subordinata all’integrale adempimento degli obblighi nascenti dal verbale di omologazione dell’accordo di separazione.
La possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena da parte del giudice penale è consentita solo con riferimento all’adempimento degli specifici obblighi previsti dalla disposizione. Il principio di legalità e di tassatività della pena escludono, infatti, che la sospensione condizionale della pena possa essere sottoposta a obblighi diversi da quelli indicati dalla norma.
L’art. 165 c.p. dispone che la concessione del beneficio può essere subordinata all’adempimento degli obblighi di restituzione o di pagamento delle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnate sull’ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno, può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
Ulteriori obblighi sono stati introdotti, poi, con riferimento a determinate categorie di reati, tassativamente elencate, in tema di reati contro la pubblica amministrazione, in tema di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, e, più recentemente, per il reato di furto in abitazione o con strappo.
Il sistema è chiuso e non ammette l’introduzione di obblighi diversi da quelli previsti; ne consegue che la disposta subordinazione all’osservanza degli obblighi nascenti dall’accordo di separazione non è ammessa perché non rientra in alcuna delle previsioni di legge che disciplinano la concessione del beneficio.
La eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato è, infatti, riferita unicamente alle conseguenze del reato per il quale è intervenuta la condanna, e non alle condotte omissive future ed eventuali per inadempimenti relativi agli obblighi di assistenza familiare la cui violazione potrebbe integrare la reiterazione del reato già giudicato, e quindi rilevare ai fini della revoca del beneficio.
La concessione della sospensione può essere subordinata ad obblighi di tipo riparatorio riferiti alle violazioni già commesse e che hanno determinato conseguenze dannose o pericolose ancora in atto, che devono essere specificamente indicate dal giudice penale come oggetto dell’obbligo della loro eliminazione posto a carico del condannato.
Insomma, la condizione del risarcimento del danno o dell’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, cui può essere subordinata la sospensione della pena, non può mai avere contenuto generico o indeterminato, incombendo sul giudice l’obbligo di provvedere a quantificare l’entità dell’importo dovuto alla persona offesa e specificare quale somma il condannato è tenuto a pagare per liberarsi del vincolo dell’adempimento.
Avv. Annalisa Gasparre – foro di Pavia
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 febbraio – 3 maggio 2021, n. 16788 – Presidente Fidelbo – Relatore Amoroso
Ritenuto in fatto
1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza emessa il 24 ottobre 2017 dal Tribunale di Roma, ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche e per l’effetto rideterminato la pena inflitta a S.A. nella misura di mesi sei di reclusione, con la conferma delle statuizioni civili, in relazione al reato di cui all’art. 81 c.p., L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3, L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies e art. 570 c.p., per aver violato gli obblighi di natura economica stabiliti dal Giudice civile in sede di separazione dei coniugi, omettendo di corrispondere quanto previsto per i figli F. (nato nel omissis) e L. (nato nel omissis), dal 2015 con condotta perdurante.
La Corte distrettuale ha confermato la subordinazione della sospensione condizionale della pena all’adempimento degli obblighi nascenti dal verbale di omologazione dell’accordo di separazione.
2. Tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso S.A. articolando i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo deduce vizio della motivazione per contradditorietà in merito alla valutazione della documentazione attestante le sollecitazioni rivolte alla ex moglie per la stipula dell’atto di trasferimento della proprietà dell’abitazione coniugale per la quota di metà che era stato previsto a tacitazione degli obblighi di mantenimento dei figli. Ciò a dimostrazione di come l’inadempimento dell’obbligazione assunta con l’accordo fosse dipesa dalla indisponibilità del coniuge a dare seguito alla stipula dell’atto di trasferimento.
2.2. Con il secondo motivo denuncia la mancanza di motivazione in merito alle ragioni per le quali per effetto della mancata esecuzione dell’accordo di separazione tra i coniugi omologato dal giudice civile, indipendentemente da quale ne fosse stata la ragione, dovesse rivivere l’obbligo di versare l’assegno periodico in favore dei figli, in difetto di una clausola che lo prevedesse.
2.3. Con il terzo motivo deduce la mancanza di motivazione in merito al trattamento sanzionatorio, essendo mancata la valutazione del motivo di appello con cui si denunciava l’eccessività della pena, determinata nel massimo, essendo stata confermata la pena base di un anno di reclusione.
2.4. Con il quarto motivo denuncia la violazione di legge in relazione all’art. 165 c.p., che non consente di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento di obbligazioni diverse da quelle previste tassativamente dalla norma e tra cui non vi possono, pertanto, rientrare le obbligazioni nascenti dal verbale di omologa dell’accordo di separazione, che attengono anche ad aspetti privi di rilevanza patrimoniale e non si riducono ai soli obblighi di trasferimento dell’immobile o al pagamento degli assegni di mantenimento.
3. In data 15 ottobre 2020 il difensore della parte civile ha depositato una memoria scritta con cui ha esposto le ragioni dell’inammissibilità dei primi tre motivi di ricorso, e l’infondatezza del quarto.
Considerato in diritto
1. I primi due motivi di ricorso sono infondati e possono essere trattati congiuntamente, perché afferiscono alla medesima questione della sussistenza degli elementi oggettivi richiesti per l’integrazione del reato di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3, in relazione alla L. n. 898 del 1970, art. 12-sexies, ora previsto dall’art. 570-bis c.p..
Contrariamente agli assunti del ricorrente, la stipula di un accordo patrimoniale tra i coniugi con il quale si prevedano delle differenti modalità di partecipazione agli obblighi di contribuire alle spese di mantenimento, rispetto alle disposizioni stabilite dal giudice civile in sede di separazione, ove tale accordo risulti di fatto inattuato, non esonera il coniuge dall’obbligo di versare gli assegni mensili stabiliti dal giudice per il mantenimento dei figli minori.
Ciò perché, come condivisibilmente già esposto nella sentenza impugnata, quali che siano state le ragioni della mancata attuazione dell’accordo che avrebbe legittimato una diversa modalità di contribuzione da parte dell’imputato al mantenimento dei due figli minori, l’adempimento di detto obbligo di contribuzione non può ritenersi risolto per decisione unilaterale dello stesso imputato una volta che l’accordo sia rimasto inattuato.
Al riguardo va osservato che sebbene l’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli minori possa anche essere regolato con modalità rimesse al libero accordo dei coniugi ex art. 337-ter c.c., ove tali accordi non trovino concreta attuazione per l’insorgere di contrasti, resta evidentemente fermo l’obbligo di provvedere ai versamenti degli assegni per gli importi stabiliti dal giudice civile in sede di separazione finché non intervengano modifiche del regolamento economico stabilito in sede di separazione da parte del giudice, che devono avvenire nelle forme ed alle condizioni previste dall’art. 337-quinquies c.c., secondo cui ciascuno dei genitori ha il diritto di chiedere la revisione delle disposizioni concernenti la misura e le modalità del contributo dovuto per il mantenimento dei figli.
Peraltro, le censure con cui si ripropongono le giustificazioni addotte dalla difesa dell’imputato in merito alle ragioni del mancato versamento degli assegni di mantenimento per i due figli minori, attribuite ad una sorta di mora credendi da parte del coniuge, sono inammissibili perché la rappresentazione di tale diversa giustificazione dall’impostazione di accusa si è tenuta sempre in forma assertiva e sostanzialmente apodittica, senza addurre specifici elementi fattuali che la indicassero. Del resto, dette censure non tengono neppure conto della coerenza della ricostruzione operata dalla motivazione d’appello, per quanto riguarda le ragioni del mancato trasferimento immobiliare correlate alle vicende dell’accollo del mutuo ipotecario gravante sull’immobile posto a carico dell’imputato e che sarebbe rimasto inadempiuto.
2. Infondato è anche il terzo motivo attinente al trattamento sanzionatorio.
Il giudice dell’appello nel dare accoglimento al motivo di appello ha riconosciuto all’imputato le circostanze attenuanti generiche, valorizzando lo stato di incensuratezza ed il parziale adempimento degli obblighi di mantenimento.
In tal modo, ha evidentemente ed implicitamente recepito la motivazione del giudice di primo grado sulle ragioni per cui la pena, posta a base del calcolo delle riduzioni conseguenti al riconoscimento delle attenuanti generiche ed alla scelta del rito abbreviato, è stata determinata nella misura massima di un anno prevista dall’art. 570 c.p., comma 1, richiamato dall’art. 570-bis c.p., in cui è stato trasfuso il reato prima previsto dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3, abrogato dal D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21.
Il riferimento all’ingiustificato ed arbitrario inadempimento dell’obbligo di mantenimento nei confronti dei figli minorenni, rispetto ai quali secondo la giurisprudenza consolidata si ritiene che la minore età rappresenti una condizione soggettiva in re ipsa indicativa della incapacità di provvedere al proprio mantenimento e quindi dello stato di bisogno, costituisce l’elemento di maggiore peso apprezzato anche dal giudice di appello ai fini della determinazione della pena, pur senza procedere ad una diversa qualificazione del fatto ai sensi del più grave reato previsto dall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2.
Si deve ricordare che la determinazione della pena è rimessa all’esclusivo vaglio del giudice di merito e si sottrae a sindacato di legittimità, se la decisione impugnata risulti sorretta da una motivazione nel suo complesso sufficiente e logica, trattandosi di un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a fare emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo (Sez.6, n. 41365 del 28/10/2010, Rv.248737; Sez.1, 46954 del 04/11/2004, Rv.230591).
3. È fondato, invece, il quarto motivo sulla disposta subordinazione della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena all’integrale adempimento delle obbligazioni nascenti dal verbale di omologa dell’accordo di separazione.
Si deve al riguardo confermare l’orientamento di legittimità secondo cui la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena da parte del giudice penale è consentita solo con riferimento all’adempimento degli specifici obblighi previsti dall’art. 165 c.p..
Il principio di legalità e di tassatività della pena escludono, infatti, che la sospensione condizionale della pena possa essere sottoposta a obblighi diversi da quelli indicati dalla predetta norma penale.
L’art. 165 c.p., prevede che la concessione di detto beneficio può essere subordinata all’adempimento degli obblighi di restituzione o di pagamento delle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnate sull’ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno, può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
Ulteriori obblighi sono stati introdotti, poi, con riferimento a determinate categorie di reati, tassativamente elencate nei nuovi commi dell’art. 165 c.p., inseriti dalla L. 27 maggio 2015, n. 69, in tema di reati contro la pubblica amministrazione, dalla L. 19 luglio 2019, n. 69, in tema di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, e, più recentemente, dalla L. 26 aprile 2019, n. 36 per il reato previsto dall’art. 624-bis c.p..
Quello descritto dall’art. 165 c.p. è quindi un sistema chiuso che non ammette l’introduzione di obblighi diversi da quelli previsti, e, pertanto, la disposta subordinazione all’osservanza degli obblighi nascenti dall’accordo di separazione omologato dal giudice civile non è ammessa perché non rientra in alcuna delle previsioni di legge che disciplinano la concessione del beneficio in esame.
La eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato è, infatti, riferita unicamente alle conseguenze del reato per il quale è intervenuta la condanna, e non riguarda evidentemente le condotte omissive future ed eventuali per inadempimenti relativi agli obblighi di assistenza familiare la cui violazione potrebbe integrare la reiterazione del reato già giudicato, e quindi rilevare ai fini della revoca del beneficio concesso ai sensi dell’art. 168 c.p..
La sospensione può essere, invece, subordinata ad obblighi di tipo riparatorio riferiti alle violazioni già commesse e che hanno determinato conseguenze dannose o pericolose ancora in atto, le quali devono essere però specificamente indicate dal giudice penale come oggetto dell’obbligo della loro eliminazione posto a carico del condannato.
Il trattamento sanzionatorio, comprensivo anche degli obblighi previsti dall’art. 165 c.p., non può rimanere indefinito e generico, ma spetta al giudice penale specificare quali sono le conseguenze dannose o pericolose la cui eliminazione è posta a carico del condannato al fine di poter fruire del beneficio concesso a norma dell’art. 163 c.p..
La subordinazione non può essere disposta neppure con riferimento ad obblighi di restituzione o di risarcimento del danno che non siano stati determinati nel loro importo dal giudice penale, non rientrando nella previsione di cui all’art. 165 c.p., il pagamento delle somme di denaro che saranno poi liquidate dal giudice civile, ma soltanto le somme già liquidate in sede penale a titolo di provvisionale o a titolo di risarcimento del danno.
Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la condizione del risarcimento del danno o dell’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, cui può essere subordinata la sospensione della pena, non può mai avere contenuto generico o indeterminato, incombendo sul giudice l’obbligo di provvedere a quantificare l’entità dell’importo dovuto alla persona offesa e specificare quale somma il condannato è tenuto a pagare per liberarsi del vincolo dell’adempimento (Sez. 2, n. 1656 del 06/03/1998, Fontana, Rv. 211918; Sez. 5, n. 20502 del 14/01/2019, Mangiapane, Rv. 275529).
L’annullamento sul punto della sentenza impugnata deve essere disposto con rinvio, dovendo il giudice di merito provvedere a specificare gli obblighi cui subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena nel rispetto delle disposizioni previste dall’art. 165 c.p., attenendosi al principio di diritto del carattere tassativo delle previsioni di legge e della necessaria determinatezza del contenuto degli obblighi imposti al condannato.
4. Considerato che il procedimento riguarda reati commessi in ambito familiare ed in danno di minori, si deve disporre nel caso di diffusione del presente provvedimento l’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti private a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena subordinata e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta il ricorso nel resto.
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