Convalidato lo sfratto, la famiglia avrebbe dovuto lasciare l’appartamento locato.

Ma nonostante la convalida una pattuglia di polizia, chiamata dai proprietari, trovavano l’appartamento ancora occupato.

In realtà vi era un accordo verbale per lasciare l’appartamento in seguito, ma la moglie del proprietario insisteva perché fosse liberato immediatamente, come da sfratto esecutivo.

Il tribunale ha ritenuto sussistente il reato di invasione dell’appartamento ma ha ritenuto altresì che potesse essere dichiarata la particolare tenuità della condotta.

L’occupazione infatti è stata di brevissima durata, interrotta autonomamente, ovvero senza un diretto intervento di alcuno, ha arrecato danni comunque di lieve entità (rottura della serratura della porta di ingresso) e forse commessa anche con la convinzione di essere stati in parte vittima di ingiustizia per un mancato-revocato accordo sulla data del rilascio.

Pertanto, il giudice ha ritenuto doversi trovare applicazione l’articolo 131 bis c.p.

La sentenza chiarisce anche un punto relativo alla legittimazione a proporre querela.

La querela infatti era stata presentata non dal proprietario dell’immobile ma dalla moglie e, pertanto, la difesa dell’imputato riteneva esserci carenza della prescritta condizione di procedibilità.

È stato chiarito che quel che rileva ai fini della legittimazione a presentare la querela è la relazione di fatto tra l’uomo e il bene e che quindi il soggetto passivo del reato vada individuato nella persona che tale relazione intrattiene, specificando che la qualificata relazione di fatto di cui si parla può assumere diverse sfumature, che comprendono senz’altro il potere di custodire, gestire, alienare il bene. Pertanto, nel caso concreto “il bene giuridico protetto dal delitto di invasione è individuabile, non solo nella proprietà e nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso, inteso, appunto, come relazione di fatto che non richiede la fisica disponibilità con la conseguenza che, anche al titolare di tale posizione di fatto, spetta la qualifica di persona offesa, e, di conseguenza, la legittimazione a proporre querela e siccome nel caso in esame non si può negare che alla moglie del proprietario competa il diritto/dovere di custodire, gestire e proteggere i beni del coniuge, soprattutto alla luce del fatto che il coniuge era in precarie condizioni di salute, questo giudice ritiene che essa sia anche legittimata a sporgere querela, che essa sia (stata) a sua volta parte offesa della condotta criminosa che ha colpito un bene sì di proprietà del marito, ma con il quale ha rapporti giuridici rilevanti e tutelati dall’ordinamento”.

Avv. Annalisa Gasparre – foro di Pavia

Tribunale di Parma, sentenza 14 dicembre 2020 – 1 marzo 2021, n. 1209 – Giudice Giusteschi Conti

Motivazione

B.L.S. e B.C., come in atti generalizzati, irreperibili, furono tratti a giudizio con decreto di citazione a giudizio del 12 aprile 2017 per l’udienza del 29 giugno 2019, quando, aperto il dibattimento e ammesse le prove come richieste dalle parti, per la loro assunzione il processo fu rinviato all’udienza del 20 febbraio 2018.

A detta udienza fu ascoltato il teste del pubblico ministero Assistente Capo della Polizia di Stato G.C., quindi, per l’assenza degli altri testi, il processo fu rinviato all’udienza del 12 novembre 2018, quando però la teste-parte offesa F.G. fu nuovamente assente e quindi il processo fu rinviato all’udienza del 27 maggio 2019; nemmeno a detta udienza i testi presenziarono e quindi, anche per nel frattempo acquisire la Visura catastale dell’appartamento oggetto delle condotte degli imputati, il processo fu rinviato all’udienza del 23 settembre 2019.

A detta udienza la difesa produsse la Visura catastale ma, essendo nuovamente assente la teste G., alla quale tuttavia fu revocata la sanzione per le precedenti assenze, avendole ella giustificate, il processo fu rinviato all’udienza del 6 aprile 2020, ma la pandemia da SARS-COV2 ne impedì la celebrazione e quindi fu ulteriormente rinviato a quella del 14 dicembre 2020.

Quel giorno fu alfine sentita la teste G. e quindi, esaurita l’istruttoria, fu chiusa e, dichiarati utilizzabili gli atti, il processo fu discusso e deciso.

I fatti

Il giorno 5 febbraio 2016 la pattuglia della quale faceva parte l’assistente C., escusso all’udienza del 20 febbraio 2018, si recò nell’appartamento di proprietà del signor P. in compagnia della di lui moglie F.G., e vi trovò l’intera famiglia B., madre, padre e due figli.

Il precedente 30 gennaio infatti i coniugi P. si erano recati nel loro appartamento, avevano trovato la serratura rotta e l’appartamento ancora occupato dai B. (in quel momento assenti), nonostante fossero stati raggiunti da uno sfratto già esecutivo in quei giorni.

Avvisati quindi il giorno 5 febbraio della loro presenza vi fecero ritorno con la pattuglia e con l’assistente sociale del Comune di ………..

Il teste ha riferito che nonostante che sia i B. che la signora G. in quella circostanza gli confermassero l’esistenza di un accordo verbale per lasciare l’appartamento solo dopo il giorno 8 febbraio 2016, la signora aveva sporto comunque la querela e chiedeva che l’appartamento fosse (in ossequio allo sfratto) liberato immediatamente.

L’agente C. ha inoltre raccontato che l’appartamento era in buon stato e pressoché vuoto, dal momento che la roba dei B. si trovava tutta in una stanza e pronta per essere trasportata.

Nulla ha potuto invece dire sul danneggiamento della porta di ingresso.

Dopo quel giorno i B. si sono resi irreperibili, abbandonando, tra le altre cose, i loro beni all’interno dell’appartamento.

L’istruttoria dibattimentale ha permesso di ricostruire i fatti così come descritti dal capo di imputazione e altresì la loro commissione da parte degli imputati.

Il danneggiamento loro contestato (635 c.p.) tuttavia non è più previsto dalla legge come reato e pertanto da esso gli imputati non possono non essere assolti.

Per quel che attiene invece alla condotta di invasione dell’appartamento di proprietà del signor F.P., parte offesa, essa si è certamente integrata e quindi di essa gli imputati dovrebbero essere chiamati a rispondere.

Siccome però al giudice è richiesto di rilevare se, sulla base dei due “indici-requisiti” (così li definisce la relazione allegata allo schema di decreto legislativo) della modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133, comma 1, c.p., sussista l’“indice-criterio” della particolare tenuità dell’offesa e, con questo, coesista quello della non abitualità del comportamento e siccome per poter definire una condotta particolarmente tenue, deve farsi riferimento a due ulteriori indici, ovvero la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo cagionati, valutando innanzitutto i criteri previsti dall’art. 133, comma 1, c.p., e, quindi, di tutti gli elementi con cui l’autore ha realizzato la condotta criminosa: natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e modalità dell’azione, rilevando in positivo o in negativo anche i numerosi elementi elencati nelle circostanze aggravanti e attenuanti comuni e siccome le circostanze e le modalità con nelle quali tale condotta è stata perpetrata la connotano come di quasi nessuna offensività, considerato che gli imputati sono entrambi incensurati, si ritiene applicabile l’articolo 131 bis c.p. e pertanto che si debba pronunziare sentenza di non luogo a procedere per particolare tenuità del fatto.

L’occupazione infatti è stata di brevissima durata, interrotta autonomamente, ovvero senza un diretto intervento di alcuno, ha arrecato danni comunque di lieve entità (rottura della serratura della porta di ingresso) e forse commessa anche con la convinzione di essere stati in parte vittima di ingiustizia per un mancato-revocato accordo sulla data del rilascio.

Ritiene in conclusione questo giudice che, dacché la prognosi sulle future condotte da parte degli imputati è certamente favorevole, essendosi trattato di un episodio singolo e particolare e non sono emersi altri elementi per desumere che sia (stato) abituale, debba trovare applicazione l’articolo 131 bis c.p.

Ritiene invece la richiesta avanzata dalla difesa di C.B. di pronunzia di non doversi procedere per carenza della condizione di procedibilità, essendo stata sporta querela non dal proprietario del bene, bensì dalla di lui moglie, non accoglibile per i seguenti motivi.

La Suprema Corte ha più volte sottolineato che quel che rileva ai fini della legittimazione a presentare la querela è la relazione di fatto tra l’uomo e il bene (quale valore che il reato aggredisce e la legge penale sanziona) e che quindi il soggetto passivo del reato vada individuato nella persona che tale relazione intrattiene, specificando che la qualificata relazione di fatto di cui si parla può assumere diverse sfumature, che comprendono senz’altro il potere di custodire, gestire, alienare il bene.

Si tratta delle caratteristiche del rapporto tra querelante e bene che la giurisprudenza della Corte ha ritenuto necessarie e sufficienti per fondare la legittimazione alla proposizione della querela in capo a soggetto diverso dal proprietario del bene o dal titolare di altro diritto reale.

Nel caso in esame il bene giuridico protetto dal delitto di invasione è individuabile, non solo nella proprietà e nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso, inteso, appunto, come relazione di fatto che non richiede la fisica disponibilità con la conseguenza che, anche al titolare di tale posizione di fatto, spetta la qualifica di persona offesa, e, di conseguenza, la legittimazione a proporre querela e siccome nel caso in esame non si può negare che alla moglie del proprietario competa il diritto/dovere di custodire, gestire e proteggere i beni del coniuge, soprattutto alla luce del fatto che il coniuge era in precarie condizioni di salute, questo giudice ritiene che essa sia anche legittimata a sporgere querela, che essa sia (stata) a sua volta parte offesa della condotta criminosa che ha colpito un bene sì di proprietà del marito, ma con il quale ha rapporti giuridici rilevanti e tutelati dall’ordinamento.

Tutto ciò premesso e ritenuto,

P.Q.M.

Visto l’articolo 530 comma I del codice di procedura penale

ASSOLVE
B.C. e B.L.S. dal reato di cui all’articolo 635 c.p. loro ascritto per non essere più dalla legge il fatto previsto come reato. Visti gli articoli 529 c.p.p., e 131-bis c.p.

DICHIARA
non doversi procedere nei confronti di B.C. e B.L.S. per il reato di cui all’articolo 633 c.p. loro ascritto per particolare tenuità del fatto.

Indica il termine per il deposito della motivazione in giorni 90.

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