(Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 4922/21; depositata l’8 febbraio)
Il rifiuto o l’ingiustificato ritardo nel rilascio di copie di atti al difensore configura una compressione del diritto di difesa, ma… – Cass. pen. 4922/2021
Il difensore dell’indagato aveva inoltrato a mezzo pec all’ufficio g.i.p. una richiesta per poter visionare ed estrarre copia degli atti posti a supporto della richiesta di applicazione della misura cautelare in danno dell’assistito; la cancelleria, rappresentata la difficoltà ad evadere la richiesta in considerazione della consistente mole degli atti, invitava il difensore a recarsi in cancelleria al fine di visionare il fascicolo. Successivamente venivano parzialmente rilasciate le copie richieste e la difesa reiterava la richiesta di ottenere le copie residue all’ufficio di Procura, ma la richiesta venivate respinta con la seguente affermazione: “si rappresenta che gli atti del p.p. in epigrafe, attualmente si trovano presso la segreteria di questo Ufficio e ove dovesse essere avanzata istanza di riesame sarà possibile visionarli ed estrarre copia presso la cancelleria di quest’ufficio”.
Il difensore rilevava che tale modus operandi aveva impedito di esercitare concretamente il diritto di difesa in ordine alla scelta cosciente di impugnare la misura cautelare dinanzi al Tribunale del riesame, avendo impedito al difensore dell’indagato di avere cognizione di tutti gli elementi su cui la misura cautelare si fondava e di espletare tutte le attività difensive necessarie.
Secondo la Suprema Corte, in tema di riesame, l’illegittima compressione del diritto di difesa derivante dal rifiuto o dall’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel rilasciare copie degli atti al difensore dà luogo ad una nullità di ordine generale, a regime intermedio. Si è affermato che “In tema di impugnazione davanti al tribunale del riesame, non è deducibile l’inefficacia della misura cautelare personale correlata all’irregolarità dello svolgimento dell’interrogatorio di garanzia in quanto eventuali vizi della procedura che regola la fase dell’esame successivo all’emissione ed all’applicazione del vincolo cautelare non attengono nè alla legittimità del titolo cautelare, nè a quella della procedura di riesame, la cui regolarità non può non essere valutata dal tribunale adito”.
Si è aggiunto che poiché il procedimento di riesame è preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento cautelare, e non anche di quelli incidenti sulla sua persistenza, non è consentito dedurre con tale mezzo di impugnazione la successiva perdita di efficacia della misura derivante dalla mancanza o invalidità di successivi adempimenti; ne consegue che esulano dall’ambito del riesame le questioni relative a mancanza, tardività o comunque invalidità dell’interrogatorio, le quali, inerendo a vicende del tutto avulse dall’ordinanza oggetto del gravame, si risolvono in vizi processuali che non ne intaccano l’intrinseca legittimità ma, agendo sul diverso piano della persistenza della misura, ne importano l’estinzione automatica che deve essere disposta, in un distinto procedimento, con l’ordinanza specificamente prevista dall’art. 306 c.p.p..
Non solo. Secondo la Corte di cassazione, il difensore ha l’onere di indicare quale pregiudizio gli sia derivato dal mancato rilascio integrale delle copie.
Avv. Annalisa Gasparre – Specialista in Diritto penale – foro di Pavia
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 19 gennaio – 8 febbraio 2021, n. 4922 – Presidente Rago – Relatore Coscioni
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Catanzaro rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di P.P. avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza di applicazione della misura degli arresti domiciliari.
1.1 Avverso la suddetta ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore di P. , lamentando che l’ordinanza impugnata era illegittima laddove non aveva accolto l’eccezione sollevata dalla difesa in merito alla nullità dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari, osservando che:
– in data 29 maggio 2020 il difensore aveva inoltrato a mezzo PEC all’ufficio del giudice per le indagini preliminari richiesta per poter visionare ed estrarre copia degli atti posti a supporto della richiesta di applicazione della misura cautelare;
– in data 30 maggio 2020 la cancelleria, rappresentata la difficoltà ad evadere la richiesta in considerazione della consistente mole degli atti, invitava il difensore a recarsi in Cancelleria al fine di visionare il fascicolo;
– in data 5 giugno 2020 venivano parzialmente rilasciate le copie richieste e la difesa reiterava la richiesta di ottenere le copie residue all’ufficio di Procura, ma la richiesta venivate respinta con la seguente affermazione: “si rappresenta che gli atti del p.p. in epigrafe, attualmente si trovano presso la segreteria di questo Ufficio e ove dovesse essere avanzata istanza di riesame sarà possibile visionarli ed estrarre copia presso la cancelleria di quest’ufficio”.
Il difensore rileva che tale modus operandi aveva impedito di esercitare concretamente il diritto di difesa in ordine alla scelta cosciente di impugnare la misura cautelare dinanzi al Tribunale del riesame, avendo impedito al difensore dell’indagato di avere cognizione di tutti gli elementi su cui la misura cautelare si fondava e di espletare tutte le attività difensive necessarie, con violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c), art. 293 c.p.p., commi 1 e 3.
Sul punto, prosegue il difensore, il Tribunale del riesame aveva ritenuto di rigettare l’eccezione sul presupposto che la stessa fosse sanata poiché non sollevata durante l’interrogatorio svoltosi dinanzi al giudice per le indagini preliminari, incorrendo in un marchiano errore perché i precedenti giurisprudenziali richiamati nell’ordinanza gravata attenevano al rilascio delle copie richieste in virtù dell’interrogatorio reso in sede di convalida dell’arresto o del fermo e non già anche alla omissione che si realizza in vista dell’interrogatorio di garanzia per come sollevato dalla difesa (veniva richiamata la sentenza a Sezioni unite di questa Corte n. 36212 del 2010); inoltre, la questione della mancata eccezione durante l’interrogatorio di garanzia reso ex art. 294 c.p.p. era stata già affrontata dalle Sezioni unite di questa Corte con sentenza n. 20300 del 22 aprile 2010 nel senso che non vi era alcun termine per la proposizione dell’eccezione.
1.2 II Procuratore generale depositava conclusioni scritte con le quali chiedeva dichiararsi inammissibile il ricorso.
1.3 In data 5 gennaio 2021 venivano depositate conclusioni scritte del difensore, che insisteva nell’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 Si deve infatti rilevare come per costante giurisprudenza in tema di riesame, l’illegittima compressione del diritto di difesa derivante dal rifiuto o dall’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel rilasciare copie degli atti al difensore dà luogo, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), ad una nullità di ordine generale, a regime intermedio: sul punto si veda Sez. 2, Sentenza n. 54267 del 12/10/2017 Cirino e altro, Rv. 271366 – 01: “In tema di impugnazione davanti al tribunale del riesame, non è deducibile l’inefficacia della misura cautelare personale correlata all’irregolarità dello svolgimento dell’interrogatorio di garanzia in quanto eventuali vizi della procedura che regola la fase dell’esame successivo all’emissione ed all’applicazione del vincolo cautelare non attengono nè alla legittimità del titolo cautelare, nè a quella della procedura di riesame, la cui regolarità non può non essere valutata dal tribunale adito.”
Nella motivazione della suddetta sentenza viene precisato che “in materia di deducibilità delle questioni inerenti l’efficacia della misura nel procedimento incidentale di riesame si sono pronunciate le Sezioni unite che hanno affermato che poiché il procedimento di riesame è preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento cautelare, e non anche di quelli incidenti sulla sua persistenza, non è consentito dedurre con tale mezzo di impugnazione la successiva perdita di efficacia della misura derivante dalla mancanza o invalidità di successivi adempimenti; ne consegue che esulano dall’ambito del riesame le questioni relative a mancanza, tardività o comunque invalidità dell’interrogatorio previsto dall’art. 294 c.p.p., le quali, inerendo a vicende del tutto avulse dall’ordinanza oggetto del gravame, si risolvono in vizi processuali che non ne intaccano l’intrinseca legittimità ma, agendo sul diverso piano della persistenza della misura, ne importano l’estinzione automatica che deve essere disposta, in un distinto procedimento, con l’ordinanza specificamente prevista dall’art. 306 c.p.p., suscettibile di appello ai sensi dell’art. 310 dello stesso codice (Cass. sez. un, n. 26 del 05/07/1995, Galletto, Rv. 202015).”
Peraltro, il difensore ha l’onere di indicare quale pregiudizio gli sia derivato (peraltro, la stessa difesa riconosce che le copie erano state parzialmente rilasciate) dal mancato rilascio integrale delle copie, in quanto dal tenore dell’ordinanza ha contezza di quali atti siano stati utilizzati; deve quindi ritenersi generica la doglianza secondo la quale non è stato possibile espletare attività difensive, senza neppure indicare di quali attività si tratti.
Inoltre, come rilevato dal Tribunale, il difensore ha diritto di accedere agli atti sui quali si fonda la misura una volta proposto il riesame, atti che vengono depositati proprio in vista del procedimento, presso il Tribunale stesso, e non risulta che vi sia mai stato un rifiuto alla consultazione degli atti, come esposto nello stesso ricorso nel quale si dà atto che “la cancelleria…invitava il difensore dell’indagato a recarsi personalmente in cancelleria al fine di visionare il fascicolo”.
2. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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