Con una recentissima pronuncia la Corte di cassazione ha precisato che il reato di falso in atto pubblico, connesso alla cartella clinica, può integrarsi anche in relazione alle alterazioni del consenso informato.
Nel caso di specie, il medico in servizio presso il reparto di chirurgia plastica è stato condannato per aver alterato il modulo di consenso informato all’intervento chirurgico, apportandovi, successivamente alla sua formazione, svariate aggiunte. L’alterazione, secondo i giudici, integra il reato di falso in atto pubblico perché il c.d. consenso informato fa parte della cartella clinica e quindi ha la qualità di atto fidefacente.
Secondo la difesa, il modulo del consenso non avrebbe la qualità di atto pubblico perché all’epoca dei fatti non vi era una forma scritta prescritta per la manifestazione del consenso (è la legge n. 219 del 2017 che la impone).
La tesi non è però condivisa dai giudici che osservano come, anche qualora il consenso fosse stato prestato oralmente, è il medico che attesta come avvenuto in sua presenza il fatto della manifestazione del consenso da parte del paziente. Ciò che rileva è dunque il fatto che il medico ha attestato falsamente che il consenso fosse stato prestato.
Avv. Annalisa Gasparre – foro di Pavia – Specialista in Diritto penale
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