L’indagato è stato condannato per essersi sostituito a una donna determinata, inserendo su un sito social un annuncio erotico collegato al nome della vittima, creando un falso profilo sul social e e inserendo la fotografia della donna, le sue generalità, residenza e numero di telefono. A seguito di tale condotta l’indagato aveva indotto in errore coloro che comunicavano con lui attraverso la chat determinandoli a recare molestia e disturbo alla donna.
Decisivo per la condanna è stato l’accertamento dell’utenza telefonica utilizzata per la creazione del falso profilo internet: poiché era nella disponibilità dell’indagato se ne è logicamente dedotto che la creazione del profilo fosse a lui ascrivibile.
Né la difesa ha fornito alcun elemento di prova in contrasto con tale ricostruzione.
La condanna per il reato di sostituzione di persona è stata confermata.
Avv. Annalisa Gasparre – Specialista in Diritto penale – avvocatoannalisagasparre@gmail.com
Cass. pen., sez. V, ud. 20 settembre 2022 (dep. 4 novembre 2022), n. 41801 – Presidente Scarlini – Relatore Romano
Ritenuto in fatto
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso C.D., a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con la quale sono stati rigettati i motivi di appello volti a contestare l’affermazione di penale responsabilità. Nonostante con i motivi di appello si fosse contestato che il reato era stato commesso dall’odierno ricorrente, la Corte di appello non aveva ad essi in alcun modo dato risposta, limitandosi ad affrontare la questione relativa all’elemento soggettivo del reato. La Corte di appello, si duole il ricorrente, ha finanche affermato che la prova della responsabilità dell’imputato dovrebbe ricavarsi dalla mancata dimostrazione della propria innocenza da parte dello stesso, determinando in tal modo un’illegittima inversione dell’onere della prova.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole della mancanza, di motivazione e della violazione di legge quanto al trattamento sanzionatorio ed al diniego della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. e sull’omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Sostiene il ricorrente che la Corte di appello non ha motivato in alcun modo detto diniego e che la motivazione è meramente apparente sulla misura della pena e sull’omessa applicazione delle attenuanti generiche.
Considerato in diritto
1. Deve preliminarmente osservarsi che il difensore del ricorrente ha rinunciato all’istanza di trattazione orale. Tale dichiarazione non produce effetto, in quanto, nel vigore della disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19, la richiesta di trattazione orale deve considerarsi irretrattabile, atteso che in caso contrario non sarebbe possibile rispettare i termini previsti dal D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, art. 23, comma 8, convertito dalla L. n. 176 del 18 dicembre 2020, per la forma di trattazione alternativa, caratterizzata dall’instaurazione di un contraddittorio meramente cartolare, con necessità di differire ulteriormente la trattazione, incidendo sulla durata del procedimento in pregiudizio del bene tutelato dall’art. 111, comma 2, Cost. (Sez. 2, n. 42410 del 17/06/2021, Basile, Rv. 282207).
2. Il primo motivo di ricorso è infondato. La motivazione della sentenza qui impugnata consente di comprendere il ragionamento logico-giuridico che ha condotto al rigetto del motivo di appello volto a sostenere che il reato non è stato commesso dall’imputato. In particolare, la Corte di appello, essendo stato dimostrato che per pubblicare un annuncio utilizzando il falso profilo internet creato spendendo le false generalità della persona offesa era stata utilizzata un’utenza di telefonia mobile nella disponibilità di quest’ultimo, ha del tutto logicamente ritenuto accertato che la creazione del falso profilo fosse opera del C. L’affermazione, da parte della Corte territoriale, che l’imputato non ha fornito elementi in grado di contraddire tale ricostruzione non è stata impiegata per invocare una illegittima inversione dell’onere della prova, ma solo per evidenziare che, non essendo stato fornito alcun elemento di prova in contrasto con detta ricostruzione fattuale, la penale responsabilità del C. doveva ritenersi certa e non solo probabile, in applicazione del principio, già affermato da questa Corte di cassazione, per il quale il giudice, per dichiarare colpevole “al di là di ogni ragionevole dubbio” l’imputato che sia rimasto contumace o si sia avvalso del diritto al silenzio rinunciando così a prospettare una sua versione dei fatti, non ha l’obbligo di verificare le ipotesi alternative alla ricostruzione dei fatti quale emergente dalle risultanze probatorie (Sez. 3, n. 30251 del 15/07/2011, Allegra, Rv. 251313).
3. Anche il secondo motivo è infondato. In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269). In particolare, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899). La Corte di appello ha adeguatamente motivato sul punto facendo riferimento, per negare le invocate attenuanti, alla gravità del comportamento ed alla sua reiterazione, elementi che valgono a giustificare anche il diniego della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. e in genere il trattamento sanzionatorio.
4. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616, camma 1, c.p.p., la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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