Una coppia, con figli minori, si era separata e il giudice aveva posto a carico del padre un obbligo di versare alla moglie, per il mantenimento di due figli minori una somma mensile oltre spese di iscrizione scolastica e spese mediche nella misura del 50%, senza ulteriori requisiti (es. urgenza, necessità, non eccessiva onerosità della spesa).
Considerato che l’uomo non pagava, la moglie chiedeva un decreto ingiuntivo per il rimborso della metà delle spese mediche e scolastiche sostenute.
In giurisprudenza si è affermato che non è configurabile a carico del coniuge affidatario un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro genitore, in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, sussistendo a carico del genitore non affidatario un obbligo di rimborso qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso.
Cosa succede nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza? La valutazione dell’esistenza in concreto dei motivi di dissenso spetta al giudice di merito, il quale è tenuto a verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore, mediante una valutazione improntata alla commisurazione dell’entità delle stesse rispetto all’utilità per il figlio e alla sostenibilità in relazione alle condizioni economiche dei genitori.
Nel caso scrutinato, i giudici di merito hanno argomentato sia in ordine all’effettività delle spese sostenute dalla madre dei minori, sia riguardo all’infondatezza delle ragioni di dissenso, fatte valere dal padre, rispetto alle decisioni di iscrivere i figli a scuole private e di sottoporli a visite mediche private, tenendo conto sia delle abitudini precedenti della famiglia e dei genitori nell’educazione dei figli, sia dell’agiato tenore di vita della famiglia.
Avv. Annalisa Gasparre – foro di Pavia
Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 22 gennaio – 24 febbraio 2021, n. 5059 – Presidente Genovese – Relatore Lamorgese
Fatti di causa
Nel giudizio di separazione personale tra i coniugi signori T.F. e M.A., al termine dell’udienza presidenziale del (omissis) , il giudice delegato poneva a carico del T. l’obbligo di versare alla moglie per il mantenimento di due figli minori la somma di Euro 440,00, “oltre spese di iscrizione scolastica e spese mediche nella misura del 50%”.
Su ricorso della M. che chiedeva il rimborso della metà delle spese sostenute per tali titoli, il Tribunale di Taranto emetteva un decreto ingiuntivo di pagamento di Euro 7253,76, contro il quale l’opposizione del T. era rigettata in primo grado.
Il gravame del T. veniva rigettato dalla Corte d’appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, con sentenza del 9 giugno 2016, avverso la quale è proposto ricorso per cassazione, resistito dalla signora M. .
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, il T. denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., per avere ritenuto fondato il diritto azionato dalla M., la quale, invece, essendo parte opposta attrice in senso sostanziale, avrebbe lei dovuto dimostrare la sussistenza delle condizioni che rendevano le spese di istruzione e assistenza medica privata rimborsabili per ragioni di necessità o urgenza, in difetto di preventiva concertazione tra i genitori.
Il motivo in esame, nonostante il richiamo di stile al parametro normativo di cui all’art. 2697 c.c. sfornito, tuttavia, di una effettiva doglianza di avere attribuito l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata (cfr. Cass. 26769 del 2018), non coglie nè specificamente censura la ratio decidendi della sentenza impugnata, ma si limita a criticare l’esito della valutazione delle risultanze probatorie.
La suddetta ratio consiste nell’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui il credito azionato si fondava su un provvedimento giurisdizionale che, pur potendo determinare diversamente, oltre che la misura, anche i modi con i quali il coniuge non affidatario contribuisce al mantenimento dei figli (cfr. Cass. 2182 del 2009, 9376 del 2011), nella specie non subordinava l’obbligo di contribuzione da parte del genitore non collocatario a requisiti particolari (ad esempio, di urgenza, necessità o non eccessiva onerosità della spesa). In tal senso il suddetto provvedimento costituiva un titolo astrattamente idoneo anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
L’interpretazione del titolo offerta dai giudici di merito è anche conforme al principio secondo cui non è configurabile a carico del coniuge affidatario un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, sussistendo a carico del coniuge non affidatario un obbligo di rimborso qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso (cfr. Cass. 16175 del 2015, 19607 del 2011).
Nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, la valutazione dell’esistenza in concreto dei motivi di dissenso spetta al giudice di merito, il quale è tenuto a verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore, mediante una valutazione improntata alla commisurazione dell’entità delle stesse rispetto all’utilità per il figlio e alla sostenibilità in relazione alle condizioni economiche dei genitori.
Nella specie, la Corte territoriale ha diffusamente argomentato – con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità – in ordine sia all’effettività delle spese sostenute dalla M. , sia all’infondatezza delle ragioni di dissenso, fatte valere dall’opponente, rispetto alle decisioni di iscrivere i figli a scuole private e di sottoporli a visite mediche private, tenendo conto sia delle abitudini precedenti della famiglia e dei genitori nell’educazione dei figli, sia dell’agiato tenore di vita della famiglia (che è parametro previsto dall’art. 155 c.c., comma 4, n. 2 e, ora, art. 337 ter c.c., comma 4, n. 2).
Ciò consente di ritenere che il ricorrente non sia stato estraneo alle suddette decisioni, seppure le si consideri come integranti quelle “di maggiore interesse” per i figli, rispetto alle quali ciascuno dei coniugi ha diritto di intervenire, a norma dell’art. 155 c.c., comma 3, (oggi art. 337-ter c.c.) (cfr. Cass. 15240 del 2018).
Inammissibile è anche il secondo motivo che, richiamando l’art. 113 c.p.c., si limita ad affermare del tutto genericamente e senza formulare censure specifiche che i giudici di merito avrebbero deciso non secondo diritto ma secondo le proprie convinzioni.
Analoga inammissibilità colpisce il terzo e quarto motivo che, lamentando l’erronea valutazione dei requisiti reddituali e del tenore di vita (dei figli e dell’obbligato) in relazione all’art. 337 ter c.c., comma 4, n. 4 e un imprecisato vizio di motivazione, si risolvono nel tentativo di ottenere la rivisitazione di incensurabili apprezzamenti di fatto compiuti dai giudici di merito, senza tra l’altro tenere conto del ristretto ambito applicativo del vizio motivazionale, secondo il novellato art. 360 c.p.c., n. 5.
Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.
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