Un detenuto aveva chiesto di potersi recare in visita al proprio figlio gravemente infermo, invocando il permesso di cui all’art. 21 ter ord. penit.
Il magistrato di sorveglianza autorizzava un’unica visita mensile di tre ore ritenendo che l’art. 21 ter, statuisse la necessità di una sola visita, non potendo assumere una connotazione di continua assistenzialità.
Il detenuto proponeva reclamo al tribunale di sorveglianza, ma vanamente.
Di qui il ricorso per cassazione in cui si è ribadito che l’art. 21 ter ord. penit. risponde a una finalità umanitaria e all’intento di consentire alle madri e ai padri detenuti, di prestare assistenza ai figli infermi (a prescindere dall’età anagrafica o dal pericolo di vita) e al di fuori dell’ambiente carcerario, individuando il diritto di visita come comprensivo di tutte le forme di assistenza continuativa e non già limitato a singole occasioni, in modo di dare continuità ad un rapporto difficile con figli portatori di gravi handicap. Il legislatore ha poi esteso le opportunità anche all’ipotesi in cui il figlio sia affetto da handicap in situazione di gravità.
La Corte di cassazione restituisce un’interpretazione corretta del beneficio penitenziario osservando che l’autorizzazione alla visita al figlio minorenne portatore di handicap grave può essere concessa più volte e, ai fini del rilascio dell’autorizzazione successiva alla prima, non è richiesto l’aggravamento delle condizioni di salute del medesimo, ma occorre che l’autorità competente effettui un bilanciamento tra le esigenze del soggetto tutelato e quelle inerenti alla complessiva situazione trattamentale del detenuto e, tenendo conto delle situazioni di sicurezza, accerti, caso per caso, motivando adeguatamente, l’interesse del portatore dell’handicap, lo spessore del suo rapporto con il congiunto detenuto, la frequenza e la fruttuosità delle visite.
Si è inoltre precisato che l’istituto della visita ai sensi dell’art. 21 ter ord. penit., pur innestandosi nella stessa prospettiva del permesso di necessità, se ne differenzia, poiché muove dall’equiparazione normativa della situazione del figlio minore (o coniuge o convivente) in gravi condizioni di salute al medesimo congiunto portatore di handicap grave. Inoltre, la natura continuativa e sovente non reversibile della disabilità determina l’effetto che il detenuto possa richiedere la visita del congiunto di cui all’art. 21 ter citato, comma 1, anche più volte, proprio perché la gravità delle condizioni personali del soggetto da visitare non inerisce a condizione transeunte.
Avv. Annalisa Gasparre – foro di Pavia
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 gennaio 2020 – 22 marzo 2021, n. 10954 – Presidente Centofanti – Relatore Di Giuro
Ritenuto in fatto
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria ha rigettato il reclamo proposto da L.G.L. avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza di Reggio Calabria respingeva l’istanza ai sensi dell’art. 21 ter Ord. Pen., con la quale il predetto aveva chiesto di recarsi a visitare il proprio figlio G., in quanto gravemente infermo.
2. Avverso detto provvedimento L.G., tramite il proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, deducendo violazione della L. n. 354 del 1975, art. 21 ter (per mero refuso si indica come articolo violato l’art. 71 ter).
Rileva il difensore che:
– L.G. aveva chiesto al Magistrato di sorveglianza di Reggio Calabria di essere autorizzato, ai sensi dell’articolo summenzionato, a recarsi a visitare il proprio figlio G. presso l’abitazione familiare;
– alla richiesta era allegata documentazione medica da cui risultava che quest’ultimo era affetto da spettro autistico, con ritardo e gravi turbe comportamentali e socio-relazionali in trattamento riabilitativo, moderata obesità e malattia di Perthes all’anca destra, già trattata con tutore;
– pertanto, le condizioni di salute erano abbastanza gravi, richiedendo un’assistenza continua, e tali da escludere che il minore si potesse recare a rendere visita al padre;
– nonostante tale situazione, il Magistrato di sorveglianza autorizzava un’unica visita mensile di tre ore ritenendo che l’art. 21 ter, statuisce la necessità di una sola visita, non potendo assumere una connotazione di continua assistenzialità;
– sul reclamo di L.G. , basato sull’assunto che il diritto di visita dovesse essere, invece, modulato al fine di consentire al padre di essere presente nella vita del figlio con cadenza periodica, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto, in ragione della stabilità delle condizioni di salute del ragazzo, corretta la decisione di consentire solo la mera visita mensile e non l’autorizzazione con cadenza periodica e settimanale, di cui peraltro il condannato aveva fruito fino al 13.9.19; diversamente da quanto ritenuto dai Giudici della sorveglianza, l’art. 21 ter Ord. Pen. risponde a una finalità umanitaria e all’intento di consentire alle madri, adesso anche ai padri detenuti, di prestare assistenza ai figli infermi (a prescindere dall’età anagrafica o dal pericolo di vita) e al di fuori dell’ambiente carcerario, individuando il diritto di visita come comprensivo di tutte le forme di assistenza continuativa e non già limitato a singole occasioni (per le quali l’ordinamento prevede già altri strumenti, quali il permesso di necessità ovvero il permesso premio), in modo di dare continuità ad un rapporto difficile con figli portatori di gravi handicap;
– il legislatore ha esteso le opportunità di cui al primo e all’art. 21 ter, comma 2, anche all’ipotesi in cui il “figlio sia affetto da handicap in situazione di gravità”;
– il Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, nel fare leva sulla stabilità delle condizioni di salute del figlio del condannato, ha tradito le finalità dell’istituto, come evidenziate dalla stessa giurisprudenza di legittimità;
– la suddetta modifica legislativa contribuisce senz’altro a dare tutela a posizioni giuridiche soggettive rilevanti ai sensi degli artt. 29 e 31 Cost., in ordine alla salvaguardia dei rapporti familiari e dei doveri di un genitore nei riguardi delle esigenze di un figlio in relazione al diritto alla salute ex art. 32 Cost..
Il difensore insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
Il Tribunale di sorveglianza, invero, premesso che il Magistrato di sorveglianza riteneva non meritevole di accoglimento l’istanza di L.G. in considerazione dell’eccezionalità del diritto di visita invocato, rileva che “deve, invero, convenirsi con il primo Giudice che, pur sussistendo i presupposti per autorizzare il detenuto a recarsi a visitare il figlio minore infermo, al fine di continuare ad assicurare a quest’ultimo, nel contesto dove vive la propria difficile quotidianità, l’apporto del riferimento genitoriale di cui sarebbe diversamente privo, deve tuttavia rilevarsi che le condizioni di salute del minore appaiono ormai stabilizzate e di carattere cronico” e “che non è stata prodotta documentazione medica da cui potesse evincersi che lo stesso tragga da una più frequente presenza del padre un beneficio significativo alle proprie condizioni fisiche; infatti nell’ultimo periodo non si sono registrate (non risultando documentazione in tal senso) emergenze o aggravamenti delle condizioni di salute di L.G.G. “. Aggiunge, inoltre, che “infine deve convenirsi che la disposizione dell’art. 21 ter O. P., comma 1, facendo riferimento alla possibilità di recarsi a visitare l’infermo, consente la mera visita, alla quale è estranea una connotazione di continuità” e che “le pronunce rese dal Magistrato di sorveglianza, ai sensi dell’art. 21 ter, secondo l’indirizzo della dottrina e gli arresti giurisprudenziali (Cass. 10341/15) sono assimilate a quelle di cui all’art. 30 O.P. (permesso di necessità), con conseguente operatività anche per esse del requisito della “eccezionalità” della concessione del diritto di visita”.
Tali essendo le argomentazioni del Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria, che riflettono a loro volta quelle del Magistrato di sorveglianza di Reggio Calabria, non risulta essere stato fatto corretto uso dei principi della giurisprudenza di questa Corte in ordine al diritto di visita ai sensi dell’art. 21 ter Ord. Pen..
Invero – si veda per tutte la recente Sez. 1, n. 20979 del 22/06/2020, Rv. 279459 – l’autorizzazione alla visita al figlio minorenne portatore di handicap grave, prevista dall’articolo in ultimo menzionato, può essere concessa più volte e, ai fini del rilascio dell’autorizzazione successiva alla prima, non è richiesto l’aggravamento delle condizioni di salute del medesimo, ma occorre che l’autorità competente effettui un bilanciamento tra le esigenze del soggetto tutelato e quelle inerenti alla complessiva situazione trattamentale del detenuto e, tenendo conto delle situazioni di sicurezza, accerti, caso per caso, motivando adeguatamente, l’interesse del portatore dell’handicap, lo spessore del suo rapporto con il congiunto detenuto, la frequenza e la fruttuosità delle visite.
In motivazione la Corte di cassazione specifica che:
– l’istituto della visita ai sensi dell’art. 21 ter Ord. Pen., pur innestandosi nella stessa prospettiva del permesso di necessità, si differenzia dal medesimo, poiché muove dall’equiparazione normativa della situazione del figlio minore (o coniuge o convivente) in gravi condizioni di salute al medesimo congiunto portatore di handicap grave;
– invero, la natura continuativa e sovente non reversibile della disabilità determina l’effetto che il detenuto possa richiedere la visita del congiunto di cui all’art. 21 ter citato, comma 1, anche più volte, proprio perché la gravità delle condizioni personali del soggetto da visitare non inerisce a condizione transeunte.
L’iter argomentativo del Tribunale di sorveglianza, quindi, risulta errato laddove fa leva sull’eccezionalità e sulla non continuità del diritto di visita invocato, assimilandolo al permesso di necessità – in modo disconnesso dalla necessaria considerazione della persistenza della situazione di gravità normativamente rilevante costituita dall’handicap grave di cui è portatore il figlio del detenuto – e, pur evidenziando che l’autorizzazione alla visita del figlio minore infermo è finalizzata ad assicurare a quest’ultimo, nella sua difficile quotidianità, l’apporto del riferimento genitoriale di cui sarebbe diversamente privo, ne esclude la necessità. Imperniandosi in modo determinante sulla constatazione della mancata dimostrazione da parte del detenuto istante dell’aggravamento delle condizioni del minore portatore di handicap rispetto alla situazione che aveva legittimato la precedente visita e, quindi, di elementi da cui evincere un significativo beneficio a dette condizioni per una più frequente presenza del padre.
Tali imprecisioni e la conseguente assenza di un ponderato bilanciamento, nel senso di cui sopra, impongono l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio, alla luce dei principi sopra menzionati, al Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria.
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